martedì 23 giugno 2009

Una settimana da “paura”

SANTA FEBBRE! Quella che per una settimana mi ha tenuto lontana dall’ufficio stampa! Sono stati giorni “meravigliosi” quelli trascorsi in pace e in tranquillità con me stessa. Quelli in cui ho potuto riscoprire la soddisfazione che deriva dal non prendere ordini: “Sai Ele… Oggi c’è da lavorare per quest’evento. Quindi devi sentire prima Tizio per capire che intenzioni ha. Poi devi fare questo, dopodiché fai questo e poi quest’altro ancora. Ah! quasi dimenticavo: ricordati di chiamare Caio. È sempre un po’ lento, quindi mettigli pressione. Io devo scappare. Ho delle cose urgenti che non posso rimandare. Resterei volentieri a darti una mano, ma so che sai cavartela anche da sola. Siamo così fieri di te!!! Senza di te non sapremmo come fare!”. E se per te la cosa più sensata da fare in quel momento è imprecare, ti vedi costretta a sorridere e a dire: “Oh! Ma cosa vuoi che sia! Non ti preoccupare! Ci penso io!”.

Poi arriva il giorno in cui finalmente hai la facoltà di dire: “Ah! Accidenti! Ho una leggera sindrome influenzale (questo è quello che mi hanno detto al pronto soccorso). Per un po’ di giorni mi sa che non potrò venire. Quanto mi dispiace, non potete capire!”.

Non capita tutti i giorni di avere una febbre da cavallo che ti immobilizza a letto e ti fa esultare di gioia ogni volta che il termometro segna solo 39°, perché qualche ora prima rischiava di esplodere avendo sfiorato i 41°!   Per cui, niente rassegna stampa, niente comunicati stampa, nessun responsabile da sentire, niente liste contatti e soprattutto niente fiato da sprecare al telefono con giornalisti che non ti si filano neanche di striscio!   Durante questa settimana ho finalmente fatto quello che non ho potuto fare in mesi e mesi di lavoro e di lezioni all’università: dormire (essendo una pezza, non potevo fare altro…), mangiare di rado (visto che qualsiasi forma di cibo cercassi di ingerire, veniva velocemente espulsa dal mio corpicino esile esile…), o guardare la tv (è stato meglio non accenderla!).

Insomma… sono stati giorni “meravigliosi, come appunto dicevo prima, quelli trascorsi a letto con i brividi alle ossa e con temperature interne glaciali, mentre fuori si respirava già la brezza dolce e leggera del vento caldo d’estate. Giorni “epici”, quelli passati a fare avanti e indietro dalla mia stanza a quello che in poco tempo è diventato la mia più grande spalla: il bagno (per mantenerci sul soft).

Giorni… direi… mmm… veramente… ORRENDI, NOIOSI, LAGNOSI, MONOTONI!   Oggi sono ritornata a lavoro. La prima cosa che ho pensato è stata: VIVA LA NORMALITA’.

lunedì 8 giugno 2009

Vendo le olive… e sono felice!

Ebbene sì, sono felice di vendere le olive. E’ un lavoro divertente che ha un suo perché e soprattutto una sua storia.
Fino a due anni fa lavoravo in un negozio di moto come segretaria. Poi sono stata licenziata. Per fortuna non avevo un affitto da pagare, però l’idea di ritrovarmi di nuovo senza un soldo mi aveva gettato nel panico più totale. Avevo appena iniziato la specialistica ed uno stage, che mi impegnavano tutto il giorno per sei giorni la settimana. Stavo per cedere e mollare una delle due cose per trovarmi un lavoro part-time, quando è arrivata una manna dal cielo; o meglio, dal mercato sotto casa.
La mia manna si chiama Giulia ed è meglio conosciuta come “l’olivara”. La conosco da quando avevo nove anni. Avevo lavorato per lei una volta a Natale, mentre il resto dell’anno mandava avanti il banco da sola, con l’aiuto del marito. Giulia non ha mai assunto nessuno, ma quando ha sentito che ero stata licenziata, ha offerto un lavoro a me, fregandosene della crisi e di tutto il tempo che avrebbe perso a insegnarmi i prezzi e “dove sta l’origano”.
E così ho trovato il lavoro ideale, che mi ha permesso di continuare a fare tutto il resto, perché mi impegna soltanto il sabato mattina e che mi consente di uscire il sabato sera, comprare una maglietta o fare i regali di Natale senza chiedere ai miei.
Mi alzo comodamente alle 7.30 (facciamo anche le 8) e mi immergo in un mondo fatto di profumi e sapori, dei sorrisi della gente, rallegrata dalle grida provenienti dai banchi accanto (“A Mary, qua è tutto vero!”) e dalle battute dei clienti.
E dopo migliaia di bruscolini (semi di zucca per i non-romani) versati a terra, resti sbagliati, e bottiglie infrante oggi anch’io posso finalmente gongolare dei complimenti dei clienti.
Più che un lavoro è un diversivo con cui spezzare il ritmo studio-stage. Mi diverto un mondo con le palette che usiamo per raccogliere olive e legumi e metterli nelle bustine. Giulia ormai è un’amica, ci facciamo delle chiacchierate favolose e ci vediamo anche fuori dal lavoro. Lei dice che ormai siamo una coppia vincente e non potrebbe fare a meno di me. Io, nel frattempo, ho preso dieci chili per tutte le olive che ho mangiato da quando sono qui. So che non dovrei, soffro pure di gastrite, però è più forte di me, al richiamo delle olive ormai non posso più resistere…






venerdì 8 maggio 2009

Precario fino in fondo...

Stesa sul letto di quella stanza, che potrebbe essere l’ultima di cui conservare un buon ricordo, scrivo le ultime volontà dello studente fuori sede, sfigato e depresso, che dovendo lasciare la propria casetta non ha trovato di meglio che delle baracche che non hanno nulla in comune con ciò che normalmente si definisce “Casa”.

Ma sarà pretendere troppo desiderare un appartamento con:

- una cucina abitabile, laddove per abitabile non si intenda di 1mqx1mq?

- un bagno che non abbia come telo della doccia i sacchi di patate sapientemente cuciti insieme (per non parlare del resto!)?

- una cameretta dove non occorre aver paura di aprire l’anta dell’armadio in stile MOOOLTO retrò, perché rischia di crollare insieme a te l’intero palazzo?

- qualcosa che assomigli, anche solo vagamente, ad un termosifone?

La soluzione più sensata a questo punto sarebbe affittare una roulotte!

Altra pretesa poi è ambire ad un appartamento in cui:

- il proprietario di casa ultracinquantenne non abbia già da tempo montato le tende al solo scopo di farti da padre padrone e non voglio aggiungere altro?!?

- non sia necessario pagare una polizza annua che assicuri il magnate qualora, per esempio, ti capiti di far cadere dal balcone un tavolo, una sedia, un vaso o (perché no!) una molletta. Che secondo te è innoqua, ma che per la velocità assunta in virtù della legge gravitazionale può provocare danni irreparabili sul vecchietto che tranquillamente e ingenuamente passeggia PROPRIO sotto il tuo balcone?!?

Tanto vale fare la barbona a Termini… Almeno eviterei di restare inconsapevolmente allibita di fronte alla disinvoltura o forse peggio! al coraggio con cui ti mostrano quel buco di tugurio. Il MEGLIO che il mercato ti possa offrire. CARO come fosse la reggia di Versailles (testuali parole loro!).

Ultima questione non indifferente riguarda il tabù “contratto”! Non fai neanche in tempo a pronunciare per intero quella parolina magica, che improvvisamente il loro sguardo comincia subito a roteare, divagare, piroettare… come se fosse alla ricerca visiva delle parole giuste che riescano ad indurti alla pietas. E tu?!? Che fai?!? Rimani lì, zitto zitto, a sorbirti i loro lunghi soliloqui, aspettando che la manna cada dal cielo in formato dinamite. Fin quando non ritorni in quella che, ancora per poco, sarà la tua casa. Sconfitto più che mai, perché: studi sapendo che, una volta conquistata la laurea, la tua principale occupazione sarà fare il disoccupato; fai uno stage che altro non è che beneficienza. E in più sai che se entro la fine del mese non trovi un’altra sistemazione, puoi benissimo fare le valigie e diventare hobo…

Detto ciò… più precario di così… non saprei! Ma del resto occorre aprire i propri orizzonti, perché come disse qualcuno: “l’ottimismo è il sale della vita!”

P.s.: chi ha detto questa gran cavolata?!? Mi piacerebbe conoscerlo per fargli i miei più sentiti e calorosi omaggi!

giovedì 30 aprile 2009

E il 4° giorno il capo disse: “Sei tale e quale alla mia amante giapponese”

Gino, il proprietario del negozio di pasta all’uovo nel quale mi sono ritrovata a fare le pulizie, è un ultrasessantenne che potremmo tutto sommato definire di bell’aspetto, a parte la vistosa dentiera e le mani tozze. Prima che mi assumesse lo conoscevo solo di vista e mi ero fatta l’idea di una persona simpatica, buona, di poche parole, attaccata alla famiglia. Di tutte queste impressioni ne avessi azzeccata una.

Il secondo giorno di lavoro, quando la moglie non c’è, Gino mi fa un lungo discorso di benvenuto: “Tu mi sembri una brava ragazza – dice con fare paterno – e non voglio che mi vedi come il capo padrone. Qui si lavora, ma ogni tanto ci si prende anche una pausa per parlare e stare insieme. Se c’è un problema lo risolviamo insieme, perché tra noi deve esserci la massima fiducia”. 
Quasi quasi mi commuovo. 
Lui mi spiega che le ragazze prima di me lo adoravano ed erano diventate delle amiche (lì per lì non mi sono chiesta di che genere). A una per Natale ha perfino regalato un passeggino! Mi convinco definitivamente che Gino è Padre Pio e torno a casa contenta. Chissà quante esperienze potrà trasmettermi questo saggio vecchietto che mi ha accolto sotto la sua ala!

Il giorno dopo siamo tutti in laboratorio. Gino e la signora Carla  mi raccontano la storia del negozio e tirano fuori mille aneddoti sui vicini, i clienti, i fornitori e le ragazze (a quanto pare qui la definizione commessa è giustamente evitata, mentre dire “donna delle pulizie” sembra riduttivo per una che ha pure l’onore di sistemare i ravioli sui vassoi). Mentre dalla radio arrivano tutti i più grandi successi di Radio Italia Anni ’60, da Adamo a Tony Renis, Gino e Carla parlano, scherzano e ridono. E mi dicono che io sarò come una figlia per loro

Arriva venerdì. Gino mi chiama e mi dice di pulire il frigorifero del laboratorio. Mentre inizio a raccogliere la duna di farina che si è depositata sul fondo del frigo, lui inizia a raccontare la prima delle sue interminabili, inverosimili e rivoltanti storielle
“Mia suocera stava male e mia moglie era andata a stare per una settimana con lei” inizia l’angelico Gino. “Una sera sono andato a mangiare una pizza in un posto che sta a via Marsala. E in un altro tavolo c’era una ragazza con gli occhi a mandorla, carina carina. Io la guardavo e lei mi guardava…”. 
Ops, mi sa che c’è qualcosa che non va. Comincio ad avvertire un certo disagio e inizio a litigare con gli gnocchi che si sono appiccicati sul fondo del frigo e non vogliono staccarsi più. Maledetti loro.
“Le ho chiesto se voleva prendere un caffè con  me e poi, insomma, lo sai come vanno queste cose… L’ho portata a casa con me e abbiamo passato tutta la settimana insieme. C’aveva un fuoco dentro, una passione…
A questo punto stacco l’audio e comincio a strofinare freneticamente il fondo del frigo. Non sento più le ginocchia a forza di stare inchinata come una bertuccia. Ma fare una pausa non esiste proprio. Quando ho finalmente finito arriva la stoccata finale: “Tu sei proprio uguale a lei. Ti guardavo ieri; piccolina, carina, sei tale e quale alla ragazza giapponese”.

Ottimo. Sono finita in pieno nella trappola del sedicente Gino. Un trabocchetto talmente deficiente che solo una puccettona come me poteva cascarci. Ma con il tempo perfino io imparerò ad affilare le unghie...

To be continued…

mercoledì 29 aprile 2009

Orientarsi nella jungla del lavoro: Soul

Soul è il Sistema Orientamento Università Lavoro. Nasce dall' accordo delle quattro Università statali di Roma La Sapienza, Roma Tre, Tor Vergata e Foro Italico e consente di avere un punto di riferimento per orientarsi nel mondo lavoro. 

Il servizio è gratuito e permette di inserire uno o più CV, candidarsi ad offerte di lavoro e tirocinio, verificare, attraverso l'algoritmo di prossimità, la coerenza tra le proprie caratteristiche e quelle richieste dalle aziende ed accedere a consulenze specifiche di orientamento al lavoro.

Per avere informazioni su Soul consultare il sito www.jobsoul.it/


Oppure rivolgersi agli Uffici Placement:

SOUL - Sistema Orientamento Università Lavoro
Via Cesare de Lollis, 22 - 00185 Roma
(T) +39 0649707507  (F) +39 064970367

SOUL - Sistema Orientamento Università Lavoro
Via Orazio Raimondo,18 - 00173 Roma 
(T) +39 0672594668 (F) +39 062021351

SOUL - Sistema Orientamento Università Lavoro
Via Ostiense 169 - 00154  Roma
(T) +39 0657332676 (F) +39 0657332224

SOUL - Sistema Orientamento Università Lavoro
P.zza Lauro De Bosis, 15 -  00194 Roma
(T) +39 0636733386  (F) +39 0636733538 




Visualizza Soul in una mappa di dimensioni maggiori

sabato 25 aprile 2009

Sky cerca stagisti

La trasmissione "Io Reporter" di Sky Tg24 cerca nuovi stagisti per la sede di Roma.
Per partecipare alla selezione mandate il vostro cv a: ioreporter@skytv.it
Purtroppo non abbiamo informazioni più dettagliate.
By the way, in bocca al lupo a tutti!

Nessun Dorma...soprattutto io!

Un'amara constatazione: il precario non riposa mai!
A riprova di quanto detto vi racconto brevamente la settimana che ho appena trascorso:
-sabato e domenica: abbrutimento sul pc, a scapito di ogni bisogno umano (Maslow si sarà rivoltato nella tomba...), per consegnare due progetti europei;
-martedì: esame e riunione di redazione;
-mercoledì: "gita" a Cocciano, ridente quartiere di Frascati, per presenziare, con i vertici della rivista dove collaboro, all'inaugurazione di un centro commerciale realizzato dal nostro sponsor principale. Out put: preparare tre pagine sull'evento entro domenica.
-venerdì: esame e lavoro al wine bar.
Oggi, giorno di festa nazionale, sarebbe cosa buona e giusta che io riposassi (è scritto persino nel Libro dei Libri). Invece mi tocca andare al wine bar, di nuovoooo.
In aggiunta, visto che non avevo nulla da fare, da lunedì inizio a dare ripetizioni di inglese.
Si accettano scommesse sulle mie possibilità di sopravvivere fino all'estate...per partecipare basta scrivere sì/no nello spazio dedicato ai commenti di questo post.
Partecipate numerosi.
Una piccola postilla: mi lamento una cifra ma non saprei vivere diversamente...

mercoledì 22 aprile 2009

Vita da stagista: la riunione settimanale.

Ore 15 e 30: riunione di redazione.
Prendiamo posto attorno al tavolo in maniera sistematica, con una strategia consolidata da mesi di faticosa esperienza. Sediamo tutti alla stessa mensa ma siamo divisi da un'invisibile linea Maginot. Da una parte loro, i magnifici, i superiori, i capi supremi; dall'altra noi, gli stagisti (ormai sul Devoto Oli alla voce stagista compare la spiegazione: insulto), i subalterni, gli ultimi.
Troppe volte, sedendomi a quel tavolo, mi sono domandata la base razionale di una tale divisione e tutte le volte mi sono data la medesima risposta: non esiste. Non esiste perché, al di là dei principi etici e costituzionali che sanciscono un'uguaglianza formale e sostanziale tra gli appartenenti al genere umano, a riprova della mia convinzione c'è una ragione fortemente pragmatica: come possiamo essere "feccia" semianalfabeta se in questa redazione facciamo tutto noi??
Ma non perdiamoci in speculazioni filosofiche e torniamo alla nostra riunione.
La prima fase consiste in teorizzazioni, dissertazioni colte, sfoggi di eloquenza e cultura del Capo dei Capi, l'uomo più narciso al mondo. Egli è convinto, probabilmente in virtù del fascino che lui stesso si attribuisce, di poter dire tutto quello che gli passa per il cervellino (invidiabile devo dire, se non fosse canalizzato nella direzione sbagliata) , senza remore o censure. Va precisato che queste chiacchiere iniziali non hanno la minima attinenza con il nostro lavoro ma sono invece incentrate sull'argomento che il Nostro Grande Capo maggiormente predilige: se stesso. La cosa più drammatica, però, è che mentre Egli parla le "funzionarie", tutte pallidissime e avvinte in orrendi maglioncini multicolore forse per disposizioni contrattuali, annuiscono con gli occhi persi nel vuoto ed un sorriso ebete.
Dopo circa mezz'ora di autocelebrazioni e di aria ri-fritta giunge il nostro momento. Illusorio attimo di protagonismo stagista. Egli, come ogni settimana, esordisce dicendo: "ragazzi, ho visto il lavoro. Va abbastanza bene, ma si può fare di più".
"Di più? Cosa vuoi, un rene, la mia anima, quello straccio di vita privata che mi è rimasto? Forse non ricordi che questo è uno stage non retribuito, che nel frattempo faccio anche l'università e lavoro la sera per campare?". Questo è quello che avrei sempre voluto dirGli ma che, mea culpa, di settimana in settimana, non ho mai avuto il coraggio di pronunciare.
Comunque, per non tirarla troppo per le lunghe, il nostro contributo interlocutorio consiste nel resoconto del nostro lavoro settimanale e nella risposta alle Sue domande (ebbene sì, è talmente Illuminato da interessarsi a noi) su come sta il nostro canarino, come procede la nostra vita amorosa, dove compriamo calze così eccentriche e altre cose di questo genere.
Fine della nostra partecipazione; se uno di noi, infatti, prova ad avanzare qualche proposta questa viene di solito liquidata come un'ingenuità da bambino. Anche se Einstein fosse andato lì a spiegarGli i principi della relatività Lui avrebbe risposto con una risatina di malcelato scherno.
Ah, dimenticavo: a settimane alterne ci viene chiesto di ripresentarci (nome-cognome-ruolo) a beneficio di qualche "ospite" alla riunione che, nella maggioranza dei casi, non ha nulla a che vedere con quello che facciamo ma contribuisce in maniera determinante ad espandere il Suo Ego. Io, in qualità di stagista senior, ho all'attivo almeno una trentina di presentazioni e mi viene da pensare che esista una diretta correlazione tra il lavoro in quel luogo e l'Alzheimer.
Dopo un altro quarto d'ora (se ci va bene) di soporifere e vacue discussioni tra il Grande Capo e le "funzionarie" siamo finalmente liberi di "andare in pace".
A prima vista potrà sembrare una cosa orrenda, e in parte lo è, ma c'è un interessante rovescio della medaglia da considerare: in questo stage ho dei colleghi fantastici, persone intelligenti e sensibili che, tra una risata e un bigliettino, riescono a farmela prendere meno male.
Ragazzi, grazie! Vi voglio bene.

lunedì 20 aprile 2009

Gioca anche tu: licenzia i dipendenti e salva la holding

Il meccanismo è lo stesso di Jewels Quest e simili: metti in fila tre pezzi uguali e li elimini dalla schermata. Solo che in Lay-Off, il videogame sviluppato da Tiltfactor per: “analizzare l’attuale scandalo finanziario”, invece delle gemme preziose ci sono tanti omini e donnine. Sono gli impiegati di un gruppo sull’orlo della bancarotta. E tu sei l’amministratore delegato. 
Più lavoratori licenzi più aumentano le tue liquidità e la possibilità di salvarti. Ogni volta che elimini i dipendenti questi scendono giù e si mettono in fila all’ufficio di collocamento. Nel frattempo su una striscia informativa scorrono le news della crisi. 
E tanto per aumentare il livello di “reality” ogni volta che clicchi su un dipendente per silurarlo si apre la finestra con la storia personale del malcapitato: “Mani, 22 anni, è un meccanico che spera, entro 2 anni, di far trasferire con sé la sua famiglia, che ora si trova all’estero. Per questo risparmia ogni penny, con l’eccezione dell’affitto dell’appartamento che divide con altri 5 amici”. Ma c’è anche di peggio: “Amad, 35 anni, è un ingegnere elettronico con più di 10 anni di esperienza nelle compagnie aeree. Ha iniziato a lavorare alla Yoyodyne Toys dopo aver perso il suo sposo in un incidente automobilistico, un anno fa. Ogni venerdì prepara dei biscotti da dividere con i colleghi”. 
Tu però non lasciarti influenzare: fai il tuo lavoro e salva la società! Vuoi forse perdere i tuoi bonus? Ecco, allora fai viaggiare quel mouse. E se qualcuno ci rimette pazienza. L’economia, in fondo, deve continuare a girare. 

martedì 14 aprile 2009

In principio fu la sistematina

Di punto in bianco il mio migliore amico parte con l’Erasmus. Destinazione: Canarie (Facoltà di Ingegneria Gestionale per chi fosse interessato). 
Per il mio già-precario-equilibrio-esistenziale è il colpo di grazia. Sono una Fallita: sono cinque mesi che sto ferma sulla tesi e ancora non mi laureo (vaglielo a spiegare alla psiche che la colpa è del professore), i miei non riesco nemmeno a guardarli in faccia, la mia vita sentimentale è un buco nero e il solo pensiero del futuro mi getta inevitabilmente nell’angoscia. Decido quindi che è arrivato il momento di Darsi Da Fare. Cominciando dalla cosa più ovvia. Trovare un lavoretto che: 

A) Mi sottragga dalla condizione di mantenuta 
B) mi tenga lontana dal mostro della tesi per qualche ora
C) mi permetta di andare in vacanza alle Canarie (ma forse questa era la A)

Non faccio in tempo ad esprimere il proposito che mi si presenta l’occasione di realizzarlo. Il macellaio di mia mamma mi propone un’occupazione part-time da un suo amico nella quale la parola chiave sembra essere “sistematina”: “Devi dare una sistematina al bancone, devi sistemare la pasta sui vassoi, una sistematina al laboratorio…”. Tale laboratorio produce pasta all’uovo ed appartiene ad un certo Gino, un signore di mezza età che conosco soltanto di vista ma che mi sta simpatico sulla fiducia. Naturalmente Gino vuole una risposta immediata: la ragazza gli serve subito quindi prendere o lasciare. Già mi vedo nei panni di Suor Germana a stendere la sfoglia col mattarello. Prendo.
Fin dal primo giorno del mio nuovo impiego capisco però che forse ho commesso qualche errore di valutazione. E imparo la prima regola fondamentale del giovane disoccupato: mai prendere per buono tutto quello che ti dicono. I datori di lavoro hanno la brutta abitudine di usare delle iperboli per descrivere la loro attività e degli eufemismi per indicarti i tuoi compiti. Detto in altre parole: ti presentano la merda come se fosse cioccolata. 
Scopro così che il famoso Laboratorio è un negozietto un po’ sfigato di una strada secondaria di un quartiere periferico. L’interno è diviso in tre parti: una specie di buco che dovrebbe essere il negozio vero e proprio, una stanza piena di macchine per fare la pasta e un corridoio strettissimo adibito a cucina che termina in un bagno. La luce del sole si ferma a tre metri dalla soglia. Per il resto tutta luce al neon a buon mercato, che abbinata ai mobili un po’ scorticati, alle pareti ingiallite e alla musica dei Pooh che arriva dallo stereo (l’unica cosa acquistata dopo gli anni Ottanta suppongo) mi fa temere seriamente per la mia sanità mentale. 
La moglie del proprietario, la signora Carla, mi accompagna subito alla mia postazione di lavoro, il lavello della cucina, e mi fa una panoramica del pomeriggio che mi aspetta: “Allora adesso comincia a lavare ‘sta roba” dice indicando il tavolone di tre metri coperto di padelle, ciotole ed altre cose di cui ignoro nome e funzione. “Me raccomando quando arrivi ar tubo dei gnocchi scarcagna bene che lì l’impasto se intartarisce e poi fa la muffa. Poi quando hai finito co’ quelli ce stanno le cassette da pulì. Verso le cinque passa di là, fai le vetrine e sistema la pasta sugli scaffali. Poi te chiama Gino quando ha finito che gli fai le macchine col frigorifero. Poi niente, dai ‘na pulita ar bagno, ‘na scopata, ‘na lavata e te ne vai”. 
Alla faccia della “sistematina”!



Let's Start...

The aim of this blog is to talk to all the people, young or less young, student or not, that have difficulties in finding a job. This is a hard period for us, workers to be, who have to cope with endless stages, a perpetual training scheme and the indelible label "precarious" on our t-shirts.
On these pages we want to tell you our stories, to listen to yours and to suggest a "positive approach" to this situation.
We're firmly convinced that the actual work scenery is caused by rejection and fear for novelties. We're well-prepared, we're ambitious, we're enthusiastic and our strenght represents a problem for all those who want to "keep their chair".
But guys, don't give up.
We have to fight for our future and it is better to do it smiling.
Keep on dreaming...

venerdì 10 aprile 2009

Ed ora le presentazioni

Questo blog nasce dall'urgenza comunicativa e dal costante confronto tra quattro persone.
Quattro teste, diverse e complementari, che intendono, ciascuna con le proprie peculiarità, raccontare una piccola parte del mondo precario
Una piccola precisazione: anche se siamo quattro donne questo non vuole essere un blog "al femminile"; siamo, infatti, fermamente convinte che, al di là di utili e condivisibili problematiche di "gender", ci accomuna la voglia di trovare un lavoro decente, giustamente retribuito e ufficializzato da un contratto. Ci accomuna il desiderio di costruirci un futuro. Un desiderio senza sesso ed un problema che, ai nostri giorni, accomuna molte persone.
Ma, basta chiacchiere, è arrivato il momento di metterci la faccia!

Nome: Micol
Anni: 25
Professione attuale: studentessa, stagista e venditrice di olive
Capacità e competenze personali: spiccata attitudine a farsi lunghissime seghe mentali e capacità di collezionare pessime figure come fossero caramelle. Elevata dedizione al lavoro e notevole propensione ad aiutare gli altri, soprattutto se in difficoltà.
Remissione ed eccesso di zelo ne fanno la figura ideale di qualunque tipologia di lavoro forzato, specie se gestito da capo con delirio di onnipotenza.


Nome: Andrea
Età: 23
Professione attuale: studentessa, redattrice per un mensile, risorsa umana del Cattid, cameriera tutto-fare
Capacità e competenze personali: una curiosità innata ed una opprimente esigenza di comunicare la portano ad essere quella con la mano perennemente alzata per chiedere, proporre e commentare. Logorroica e "caciarona", rischia sovente di sembrare indisciplinata (un po' lo è...) Un inimmaginabile senso di responsabilità e il grave morbo dell'iperattività la portano ad essere facilmente "schiavizzabile"



Nome: Eleonora
Età: 24 anni
Professione attuale: studentessa, stagista addetta-stampa e cameriera a tempo perso...
Capacità e competenze personali: determinazione, scrupolosità e costanza sono le qualità che più la caratterizzano nel lavoro tanto da renderla un essere con elevati livelli di sopportazione in perfetto stile stakanovista. Nella vita paziente quanto basta per perdere le staffe, ansiolitica e paranoica, imbranata e tanto fedele al quarto d’ora accademico, presenta una grande predisposizione, talvolta grave dipendenza, da lavoro gratuito e precario.












AL MOMENTO NON DISPONIBILE

CAUSA IMPEGNI DI LAVORO 


L'altra "mente" del blog non ha ancora aggiornato il proprio profilo a causa di impegni professionali. Sembra una barzelletta ma è così. Ci scusiamo per il "disagio", cercheremo di rimediare al più presto.

giovedì 9 aprile 2009

Due parole per iniziare...

Siamo giovani, precari e felici. Questo non significa che siamo soddisfatti della nostra situazione ma che cerchiamo di vivere la "precarietà" che ci circonda con ottimismo. Il blog nasce proprio per tutti coloro che, giovani o meno, laureati e non, si trovano a fare i conti con il difficile ingresso nel mondo del lavoro, con stage imperituri e contratti "vacillanti". Su queste pagine intendiamo raccontarvi le nostre esperienze ma anche ascoltare le vostre, dare informazioni di servizio e mostrarvi, con la speranza di trovarlo, qualche esempio virtuoso di storia a "lieto fine". Siamo fermamente convinti che l'odierna afasia lavorativa in buona parte non dipenda da noi ma da una cultura del "vecchio" ancora dominante, che lascia poco spazio ai giovani e che li relega in una posizione di sudditanza. Eppure abbiamo idee brillanti, progetti innovativi, sogni e ambizioni. Siamo preparati, appassionati, volitivi e realisti: è un percorso in salita, irto di ostacoli e con poche mani tese, ma nulla ci vieta di percorrerlo con successo. La determinazione, l'entusiasmo, il sostegno reciproco devono spingerci a non demordere, a non farci snaturare da chi ci vorrebbe più remissivi, più "governabili", più "marionette". Per certi versi ci temono: la nostra energia, la nostra voglia di fare, di scoprire, di imparare, rammenta loro che è arrivato il momento di "cambiare aria", di far spazio al nuovo. Piuttosto che lasciarci mortificare da capi retrogradi, da coordinatori preoccupati di perdere la poltrona, da responsabili che temono la nostra preparazione, ridiamoci sù e continuiamo a lottare.
Keep on dreaming!