giovedì 30 aprile 2009

E il 4° giorno il capo disse: “Sei tale e quale alla mia amante giapponese”

Gino, il proprietario del negozio di pasta all’uovo nel quale mi sono ritrovata a fare le pulizie, è un ultrasessantenne che potremmo tutto sommato definire di bell’aspetto, a parte la vistosa dentiera e le mani tozze. Prima che mi assumesse lo conoscevo solo di vista e mi ero fatta l’idea di una persona simpatica, buona, di poche parole, attaccata alla famiglia. Di tutte queste impressioni ne avessi azzeccata una.

Il secondo giorno di lavoro, quando la moglie non c’è, Gino mi fa un lungo discorso di benvenuto: “Tu mi sembri una brava ragazza – dice con fare paterno – e non voglio che mi vedi come il capo padrone. Qui si lavora, ma ogni tanto ci si prende anche una pausa per parlare e stare insieme. Se c’è un problema lo risolviamo insieme, perché tra noi deve esserci la massima fiducia”. 
Quasi quasi mi commuovo. 
Lui mi spiega che le ragazze prima di me lo adoravano ed erano diventate delle amiche (lì per lì non mi sono chiesta di che genere). A una per Natale ha perfino regalato un passeggino! Mi convinco definitivamente che Gino è Padre Pio e torno a casa contenta. Chissà quante esperienze potrà trasmettermi questo saggio vecchietto che mi ha accolto sotto la sua ala!

Il giorno dopo siamo tutti in laboratorio. Gino e la signora Carla  mi raccontano la storia del negozio e tirano fuori mille aneddoti sui vicini, i clienti, i fornitori e le ragazze (a quanto pare qui la definizione commessa è giustamente evitata, mentre dire “donna delle pulizie” sembra riduttivo per una che ha pure l’onore di sistemare i ravioli sui vassoi). Mentre dalla radio arrivano tutti i più grandi successi di Radio Italia Anni ’60, da Adamo a Tony Renis, Gino e Carla parlano, scherzano e ridono. E mi dicono che io sarò come una figlia per loro

Arriva venerdì. Gino mi chiama e mi dice di pulire il frigorifero del laboratorio. Mentre inizio a raccogliere la duna di farina che si è depositata sul fondo del frigo, lui inizia a raccontare la prima delle sue interminabili, inverosimili e rivoltanti storielle
“Mia suocera stava male e mia moglie era andata a stare per una settimana con lei” inizia l’angelico Gino. “Una sera sono andato a mangiare una pizza in un posto che sta a via Marsala. E in un altro tavolo c’era una ragazza con gli occhi a mandorla, carina carina. Io la guardavo e lei mi guardava…”. 
Ops, mi sa che c’è qualcosa che non va. Comincio ad avvertire un certo disagio e inizio a litigare con gli gnocchi che si sono appiccicati sul fondo del frigo e non vogliono staccarsi più. Maledetti loro.
“Le ho chiesto se voleva prendere un caffè con  me e poi, insomma, lo sai come vanno queste cose… L’ho portata a casa con me e abbiamo passato tutta la settimana insieme. C’aveva un fuoco dentro, una passione…
A questo punto stacco l’audio e comincio a strofinare freneticamente il fondo del frigo. Non sento più le ginocchia a forza di stare inchinata come una bertuccia. Ma fare una pausa non esiste proprio. Quando ho finalmente finito arriva la stoccata finale: “Tu sei proprio uguale a lei. Ti guardavo ieri; piccolina, carina, sei tale e quale alla ragazza giapponese”.

Ottimo. Sono finita in pieno nella trappola del sedicente Gino. Un trabocchetto talmente deficiente che solo una puccettona come me poteva cascarci. Ma con il tempo perfino io imparerò ad affilare le unghie...

To be continued…

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